sabato 25 aprile 2009

La fuga

L’altra sera mi è capitato di rivedere, dopo molto tempo, Mediterraneo di Salvatores. Non voglio parlare del film in sè, è già stato detto tanto e sicuramente non sono la persona adatta ad aggiungere critiche.

Ma di questo film mi interessa un aspetto particolare. Prima dei titoli di testa, compare questa frase di Laborit: “in tempi come questi, la fuga è l’unico mezzo per mantenersi vivi e continuare a sognare” e i crediti di coda sono seguiti da una dedica “a chi scappa”.

Ed è proprio questo ciò che vorrei indagare. Il fuggire è un po’ il fil rouge che lega i protagonisti di questo racconto, ma è anche ciò che porta le persone comuni a sperimentare altro rispetto alla propria esistenza.



La fuga può essere fisica, lo spostamento in un luogo altro, oppure può essere una fuga “creativa”.

Così, che sia con la fotografia, la scrittura, la regia o qualsiasi altra forma di espressione, c’è sempre qualcuno che cerca di fare un piccolo passo avanti nella comprensione del mondo.

Personalmente, non so se riesco in questo intento o meno.

So solo che ci provo.

E qui torna il discorso delle proprie origini: la mia origine è un click. E’ il rumore dell’otturatore che scatta e cattura un pezzo di vita come io la vedo. O come la immagino.

Per quanto sia un’immagine digitale, quindi più eterea dell’immagine fotografica in sè, analogicamente parlando, ciò che si forma davanti ai miei occhi, in uno schermo, è reale. E, paradossalmente, non è in contrasto con la dimensione immaginifica. Che quello che ho davanti ci sia veramente o sia una mia interpretazione, quindi sia immaginato, è comunque li. E allo stesso tempo fa si che io non sia più li.

La mia fuga consiste nel perdermi nel reale.

E sono convinta che, finchè ci saranno persone ancora capaci di fuggire, in qualsiasi modo e con qualunque mezzo, sarà ancora possibile vivere.

Elena

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