martedì 31 agosto 2010

Mi prendo un minuto fra le stelle

Stanotte bruceranno le tegole, il calore della pallida luna già sprigiona ardore.
Non troverete un comignolo a fumare, ma roventi mattoni ad attendervi.
Lapilli dall'Illuminato nero celeste, desideri troppo incauti per essere sorretti.
Oasi dentro la clessidra del tempo, nient'altro che ricorrenti sbarchi stellari.
Sonorità sorde fra il frasutono odierno, sono i segnali per il prossimo porto.
Approdato nel silenzio di un mondo senza atmosfera, cominciai a camminare, cercando qualcuno che potesse indicarmi.
Parole non trasmesse dalla faccia lontana, alternative che vanno oltre la retorica compongono la nostalgia della nostra natura, tenendosi per sè le vibrazioni di quell'onda.
Sacro e distruttivo regno dell'invisibile ricchezza, scrigno di talenti scambiato per un pezzo di stoffa.
"Trovo voi senza elmo a mostrarmi la strada. Sono scampato alle vostre tentazioni, alla caducità delle vostre tentazioni. Permettetemi di proseguire con la luce di chi vi dona riflesso, porterò con me il vostro consiglio".
Vide nella mia, l'ombra dei pochio che risalirono la china.
Sentii urla festanti prendere il largo, chiesi e ottenni asilo.
Un grande banchetto mi accolse sul ponte della nave.
Gustavano e si dissetavano, con oracolare intento, i primi corridori di un viaggio in direzione dell'oro, eroi per mano dell'oracolo e uomini per l'ira animale.
Branco di feroci cuccioli capitanati da una seconda scelta, soli davanti alla Fortuna, la esorcizzano in preda agli eventi.
Una lira introdusse parole, queste fecero per le immagini, la nitida opacità del suo mondo fece il resto.
Persi l'equilibrio e caddi sfiancato da tale immaginario. Non ricordo cosa sognai, ma solo una sensazione di pace.
La brina mattutina mi svegliò e mi ritrovai in alto mare, la mia sagoma si rifletteva abbandonata su sottili specchi.
Lastre di ghiaccio contengono le scosse del vostro impeto.
Venerato dio fra gli dei dalla dinastia dei Jonii; dal vostro destriero, cavalcante un mare senza vento di bonaccia, ma che soffia, sospinto dall'irrequietezza fra gli ancoli del vostro palazzo d'oro.
Flotte di delfini diressero la mia zattera verso l'orizzonte mentre poco più in là, vidi nubi ricoprire il cielo e renderlo nero.
"Sono nelle vostre grazie, o agite seguendo il destino da altre tessuto?"
Sorrisi spavaldo della sua benevolenza per il mio incedere, nascondendo il timore per questa brillante manifattura del destino.
Mi sentii al sicuro, avvolto e sospinto da Zefiro fra i suoi flutti. Il sole alto e caldo in cielo, ondeggiava a tempo con il mare. L'aria salmastra contava una suadente canzone, mi addormentai.
Quando ripresi il contatto con la realtà, il firmamento era vivo. Parlavno scambiandosi leggende gli astri. Desideri celati, confidenze degli uomini mentre tracciavano delle stelle la quadratura, cacciagione di Orione e di Sirio, quella che ancora gemeva nell'etere.
Rilegato in un libro mortale, non compresi l'evolversi delle vicende, non era ancora tempo per me per cogliere il senso delle costellazioni.
Un colorato e profumato giardino, mise fine al mio navigare. Terra.
Nascosta dietro a un cespuglio di mirto proveniva la sua voce. Sonorità che fa da eco alla sua bellezza e sensualità: la mia natura umana cadde innanzi alla sua visione rilucente d'amore.
La notte fu teatro del consumarsi del suo afrodisiaco rituale, intrecciammo i corpi e l'anima pregava di trattenere del sole il cocchio.
Venne l'alba a svegliarmi, una lunga strada si apriva davanti a me.
Respirai socchiudendo gli occhi, respirai nuovamente la polvere.
Deciso nel proseguire, non mi voltai memore delle sue regole, un passo dopo l'altro mentre le mani tendevano al cielo per un attimo.

Bob