giovedì 21 gennaio 2010

IL CAMBIO DI GUARDIA

Ti saluto.

E' stato bello, davvero.
Non sono bravo nei saluti, figuriamoci negli addii.

Però, ricordo come ci siamo conosciuti.
Pioveva, io giravo per le vie della città e avevo appena rotto con quello di prima. Si era stufato della vita che conducevamo e così, senza pensarci su troppo, un giorno decise di non chiamare più, lasciandomi solo.

Camminavo a testa bassa, pensavo e ripensavo a cosa mi avesse separato da lui, quando vidi te.
Ci stringemmo la mano e ci presentammo, saltando i convenevoli ed elencandoci le nostre esigenze, le aspettative e la speranza di non dividerci troppo presto, ma di lasciarci quando uno dei due si sarebbe sentito stanco.

Ne abbiamo fatte di cose ... viaggi, scherzi, litigi e botte ... ci siamo rispettivamente ricomposti quando cadevamo e ricaricati quando era il momento e le sveglie suonavano alla stessa ora per entrambi.

Ti ho presentato alla mia gente e tu ti sei sforzato di ricordarla tutta ... io non ci sarei riuscito.

Sai, mi fa ancora strano, sono passati pochi giorni, ma non riesco ad abituarmi.
Quello nuovo ha molte più cose di te.
Sa fare molte cose, alcune manco le immagini, ma non è te ...

Adesso stai con i miei vecchi amici, Citofono ti farà da guida e ti presenterà agli altri componenti del gruppo, non sono molti, ma tutti di nobile passato e, se ci fossero dei problemi, dì pure che ti mando io.
Ti troverai bene ... ne sono sicuro.

Caro Samsung, ora ti saluto, nell'altra stanza, il mio nuovo cellulare mi sta chiamando.

Sempre tuo.

Bob

lunedì 18 gennaio 2010

GRILLO SVENTURATO

La tromba suona,
suona, una tromba lontana.
Fiatata dal folle, la suona.
Tromba lontana.
Un grillo menestrello, verde venusto
impettito nel saltello;
suona un giglio, dal cappello piumato,
di flormusica velata.
La notte aggrada,
l'opale luna, d'idrargici raggi
la foresta appaga.
Come la tersa fine assurda
d'un grillo; poeta, di viaggi ne fece.
Propaga esfoliante, passando tra i rami
tra funi e fronzoli confusi,
sfoglie smagrite, altre poi lumi
persuasi, fumi e fiori rossi.

Lo strumento allieta,
tutta la natura si raccoglie,
l'istinto animale porge orecchio
da quei petali adunati,
dagli scogli c'è chi sceglie
un tuffo in mare; dallo specchio
alle orme ripercorse, e semoventi.
Il mio volto lascia ombre di denti.
Tasti di pianoforte mescolati
nell'eccesso di passioni e fiati;
suonano i migliori tra i petali alabastrini
di luce. Di luce che scorre, nelle ombre.

Schierì bianco il cielo
da essere tutto nuvola.
Poi invece il cielo precipitò;
lo schivai per un pelo
scostandomi; ora cola,
da essere tutto nebbia.
Suona bizzarro la tromba,
tra foschie, bagliori radi
suona tra i fiori, all'ombra
l'amata, dentro la tomba.
I suoni son fiati, d'amor
di note fatte in fila a gradi;
L'amor gli vende, non compra.
L'amor gli suona, non mostra.
Suona la tromba nel giglio di luce.

Otlab

giovedì 7 gennaio 2010

A VOLTE SIAMO EGOISTI

Questa sera la lascio a me stesso.
Lontano dai ricordi, dai frastuoni, dai silenzi, dai progetti, dai pensieri, dal lavoro, dallo studio, dall’amore, dall’amicizia e da qualunque cosa mi passa per la testa.
Ora, ne tralascio anche il loro contrario.
Io non ho altro che la mia serata da dedicare a me stesso.
Cammino per un viale alberato, al centro di esso una strada collega i due lembi della stessa città.
Palazzoni giganti sovrastano la terra, sembra che muovano un pensiero di scontro nei confronti di un cielo carico di pioggia pronta a scrosciare.
Questi ammassi di mattoni sono alti e nascondono la luna.
I giochi di luce dei lampioni macchiano di un irreale bianco, qua e là, il buio intensificato dalle foglie sulla mia testa.

Cammino per un viale alberato e non ho altro che questa sera da dedicare a me stesso.
Incrocio alcuni sguardi, ma probabilmente non sono io quello che cercano.
Taluni ricambiano al mio sorriso, altri hanno deciso che questa sera è dedicata a qualcos’altro, li riconosci , sono quelli che consumano avidamente la strada prima con gli occhi della mente che con le suole delle loro scarpe.
Poi, ci sono quelli che stasera non ha altro che una serata da dedicare a se stessi.
Il vento sposta le foglie e la luce cambia il senso rotatorio delle mie ombre.
Mi perdo nel capire chi gestisca questa danza fatta di grigi scuri e grigi chiari, che saltella e sparisce dietro alle quinte per poi riapparire ancora davanti a me, un ciclo continuo di ombre che si sviluppano dal mio corpo e appaiono giusto il tempo per allungarsi fino a sparire.
Cammino ancora un poco in questa sera che dedico a me stesso.

Bob