venerdì 10 luglio 2009

Il teatro degli attori

Non c’è…

Non c’è alcun…

Non c’è alcun legame tra me e loro. Io sono solo il mezzo. Io non sono nessuno. Là fuori difficilmente si ricorderanno di me. Si ricorderanno molto più facilmente di loro. Il loro è un nome che si ricorda: Otello, Don Giovanni, Amleto…
Il mio nome lo si leggerà solo sulle locandine. Il loro viene ripetuto per tutto lo spettacolo.

Io sono uno strumento. Salirò sul palco per la sessantacinquesima replica dello spettacolo. Sessantaquattro prima di questa, chissà quante dopo. Il mio corpo si muoverà, reciterà, parlerà con quei gesti ripetuti allo sfinimento, fino a diventare automatici.

La mia mente sarà altrove e non opporrà alcuna resistenza. Lascerà che il personaggio arrivi dal lontano immaginario dell’autore, scorra attraverso di me e arrivi inesorabile fino in platea. Come un torrente di poca acqua fredda. Anche questa volta, ancora un’altra volta.

Perché è questo che la platea vuole. Non interessa sapere cosa pensi io sul suicidio, ma vogliono sentirmi declamare “Essere o non essere…”. Non interessa sapere che non sarei tanto stupido da credere a Iago e che gli farei volentieri un culo così, invece di uccidere Desdemona. No.

Io devo uccidere Desdemona.

E’ questa l’unica cosa che conta per loro. E così lascio che sia, perché non ho il potere di fare altrimenti. Tutte le sere, una Desdemona muore sul palco.
Loro arrivano, passano attraverso di me, mi devastano dentro e se ne vanno.
Sipario.

Un momento…cos’è questo rumore? Cosa succede là fuori? Ma questi sono…applausi!
Il sipario si riapre e in platea ci sono le luci. Guardano me e mi applaudono. Ce l’ho fatta di nuovo. Li ho emozionati ancora. Per la sessantacinquesima volta.

E questo, di sicuro, non è merito loro. Gli applausi sono per me.



Co

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