martedì 4 maggio 2010

CONFESSIONI DI UN LESTOFANTE

Davvero, non so come ho fatto ad arrivare qui. Certo, mi è andata anche un pò di fortuna, in queste cose lei ha sempre un ruolo determinante.
Sai quante ne ho vissute? Ho perso il conto di quante ne ho vissute!
In questo momento, mi stai guardando, vero? Sei nascosto fra la folla con il tuo cappello nero schiacciato sulla testa per non farti riconoscere e mi osservi in silenzio.
Quanti ne hai visti di mezzogiorni come questi? Ricordi il primo?

Eravamo solo di passaggio in quella maledetta cittadina. Tu volevi fare un salto dal maniscalco per comprare certe cose che ti servivano, io mi diressi al saloon. Il barista era un tipo silenzioso e non faceva domande di nessun tipo, si limitava a versare del rum ogni volta che facevo un cenno con la mano. I tavoli erano quasi tutti deserti, solo un paio erano circondati da gente di poco spessore che giocava a carte. Il pianoforte, vicino alle scale, era silenzioso e, visto lo strato di polvere appoggiatosi sopra, era da molto tempo che non suonava.
Gli scalini salivano, trasportati da una rampa, e portavano ad una porta, cosa ci fosse dietro non l'ho mai saputo, ma l'ho sempre immaginato.
Entrasti di colpo gridando che ci avevano riconosciuti e che era meglio tagliare la corda. Avevi ragione come al solito. La nostra fama ci aveva preceduto insieme alla taglia sulla nostra testa.
Fatto sta che corremmo fuori dal saloon, ma era già troppo tardi. Sulla strada ad attenderci c'era già lo sceriffo.
Era mezzogiorno e la polvere alzata dalla strada da quel vento caldo non era molta, sicuramente meno di quella nel saloon. Lo sceriffo ci guardava fisso negli occhi. Baffi bianchi e lunghi, un cappello con lo stemma della contea e la sua bocca che diceva di non muoversi e di posare le armi. Le mani impugnavano due pistole e le loro canne tenevano sotto controllo ogni nostro movimento. Tu eri fermo immobile dalla paura, non avevi mai sparato a nessuno e forse nemmeno mai ti avevano minacciato di spararti.
Lo sceriffo lo aveva capito, era in gamba il vecchio, infatti fissava me e non s'interessava minimamente a te.
Sorrisi e la campana suonò coprendo il rumore del colpo di pistola.

Fu la prima volta che dovetti farlo, con te s'intende.
Parliamoci chiaro, era andata fin troppo bene fino a quel momento: due lestofanti come noi non potevano non avere nel curriculum almeno un cadavere, era solo questione di tempo.
Diligenze, banche, treni e qualche riccone erano state le vittime delle nostre rapine, avevamo un buon bottino e ormai eravamo arrivati alla cifra che avevamo concordato, arrivati a ciò, ci saremmo salutati e ognuno sarebbe andato per la sua strada.
Tu avresti finalmente aperto quel saloon vicino al fiume e avresti passato la vecchiaia facendoti amare dalle "tue donne". Non avevi un progetto ben definito, avevi più che altro l'idea di un luogo dove stare e questo ti bastava.
Dal canto mio, avevo già una casa vicino al fiume e ad attendermi una moglie e due figli.
Sono ormai quattro anni che sono lontano da casa e di loro non ho più avuto notizie da quella sera. Dopo aver ucciso lo sceriffo, tornai a casa e dissi alla mia donna che dovevo andarmene e, se mi avessero cercato, di dire di non conoscermi. L'avevo fatta grossa, sparare ad uno sceriffo è una cosa grossa, così decisi di non entrare nei dettagli.

Ora sono nuovamente qui, il sole è alto, non c'è polvere questa volta e nemmeno una motivazione plausibile per continuare a vivere questi "mezzogiorni di fuoco".
Mi continuano a tornare in mente gli altri scontri.
Tutti i pistoleri avevano occhi di ghiaccio e mi osservavano immobili, ma poi arrivavano tutti a quell'istante: si lasciavano dapprima scaldare da un buon motivo per vivere, sciogliendosi in fine con il piombo caldo della mia "sputafuoco". "E' in quel momento che devi sparare - mi diceva sempre mio padre - se il tuo avversario trova un motivo per vivere, tu devi toglierlo, subito".

Purtroppo non sono io a fare le regole, io ho solamente accettato di giocare, così sorrido e il rintocco di campana copre, forse per l'ultima volta, il frastuono della mia pistola.

Bob

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