GIACE NELLA TOMBA SUL PIAN
C’era
una volta
Ricordi, eravamo solo di passaggio in quella
cittadina. Mi avevi detto che ci servivano certi arnesi per il prossimo colpo e
che, conoscevi un maniscalco che faceva a caso nostro in quella dannata Tap
Town.
Io, mi diressi al saloon.
Il barista, alto poco più del bancone e rosso in
volto, colpa del papillon che portava stretto al collo, non faceva domande di
nessun tipo e si limitava a versare del whisky a ogni cenno della mia mano. I
tavoli di quel saloon erano quasi tutti deserti, solo un paio si circondavano
di alcune persone che giocavano a carte. Il pianoforte vicino alle scale era
silenzioso e, visto lo strato di polvere appoggiatosi sopra, era da molto tempo
che non suonava. Gli scalini della scala, posta vicino al pianoforte, salivano
trasportati da una rampa e conducevano a una porta. Cosa ci fosse dietro, non
l'ho mai saputo, ma lo immaginai.
Entrasti di colpo, stroncando la mia tranquillità.
La
fuga
“Mi hanno riconosciuto, dobbiamo tagliare la corda”.
La tua fama
ti aveva preceduto insieme alla taglia sulla tua testa. Corremmo fuori dal
saloon, ma era già troppo tardi. Sulla strada ad attenderci c'era lo sceriffo
di Tap Town.
Era mezzogiorno e la polvere, alzata dalla strada da
un vento caldo, non era molta, sicuramente meno di quella nel saloon.
Lo sceriffo mi guardava fisso negli occhi. Baffi
bianchi e lunghi, un cappello con lo stemma della contea e la sua bocca che
diceva di non muoversi e di posare le armi. Le mani impugnavano due pistole e
le loro canne tenevano sotto controllo ogni nostro movimento.
Dalle finestre delle case, dall’altra parte della
strada, si erano affacciati i curiosi. I più temerari di loro erano in piedi
fuori dalle porte delle case. Ricordo tre uomini seduti fuori dalla drogheria.
Uno di loro dondolava su una vecchia e termidata sedia a dondolo di legno
fumando la sua pipa mentre gli altri due si scambiavano i pronostici sull’esito
dello scontro. Davano per vincente lo sceriffo, aveva freddato più fuorilegge
lui che indiani l’intera cavalleria. A un tratto, quello che dondolava, fermò
la sedia e, continuando a fumare la sua pipa, disse:
“Non lo avete proprio riconosciuto. Guardate la
paura negli occhi del nostro sceriffo, lui, a differenza vostra, l’ha
riconosciuto”.
Sorrisi a tal affermazione. La campana rintoccò
coprendo il rumore del mio colpo di pistola.
Quel giorno, se tu avessi ascoltato le storie su di
me da quel vecchio, probabilmente avresti deciso di arrenderti allo sceriffo
ma, complice la successiva fuga, ciò non accadde.
Confessioni
di un lestofante
Sai, ci sono cose della mia vita che non ti ho mai
raccontato, che non ho mai raccontato a nessuno. Ogni uomo ha i propri segreti
da confessare solo in punto di morte. Sono i suoi assi nella manica per
l’ultima partita a carte con la sorte.
Parliamoci chiaro, era andata fin troppo bene fino a
quel momento. Due lestofanti come noi non potevano non avere un cadavere sulla
coscienza. Era solo questione di tempo.
Diligenze, banche, treni e qualche riccone erano
state le vittime delle nostre rapine, avevamo un buon bottino e ormai eravamo
arrivati alla cifra che avevamo concordato.
Da quel giorno a Tap Town, scappare divenne costoso,
ma sapevamo anche che un giorno si sarebbero dimenticati di noi, così decidemmo
di mettere da parte un po’ di tutto quell’oro guadagnato con il sudore negli
anni. Stabilimmo una cifra, arrivati a quella, ci saremmo salutati e ognuno
sarebbe andato per la sua strada.
Tu avresti finalmente aperto quel saloon vicino al
fiume e avresti passato la vecchiaia facendoti amare dalle "tue donne".
Non avevi un progetto ben definito, avevi più che altro l'idea di un luogo,
dove mettere finalmente radici e questo, ti bastava.
Io, possedevo già una casa vicino al fiume e ad
attendermi una moglie con i miei due figli. Sono molti tramonti che sono lontano
dalla mia famiglia e di loro non ho più avuto notizie da quel giorno. Ho
smarrito la via di casa ormai da molte lune.
La
storia si ripete
In questo momento, mi stai guardando, vero? Sei
nascosto fra la folla con il tuo cappello nero schiacciato sulla testa,
comprato a Chair Hill dopo la fuga di quel giorno, per non farti riconoscere e
mi osservi in silenzio, lo fai sempre.
Dovresti essere lontano, gli accordi li conosci, ma
tu non lo fai mai. A ogni nostro saluto, sali sul tuo cavallo e mi dici le solite
parole:
“Ti aspetto a novanta chilometri. E’ stato un
piacere battere queste strade con te. Non preoccuparti, le parlerò di te e le
porterò la tua parte dei soldi”.
Quante volte ti ho sentito mentirmi, consapevole che
saresti rimasto qui confondendoti fra la folla, proprio come in
quest’occasione. Ci legano troppe vicende e poi, mi fa piacere saperti
spettatore di questo momento. Sei uno in gamba se si tratta di scappare, quindi
se dovesse andare male, so che hai una via di fuga già ben pianificata.
Prima
del rintocco
Ci siamo solo noi due, ora.
Il sole è alto, niente polvere e due proiettili
pronti a colpire due differenti bersagli. Si accalcano i ricordi dei miei altri
conflitti a fuoco. Nel tempo, ho imparato a governare quest’ondata fatta
d’impalpabili immagini. I pistoleri che ho ucciso, appaiono come fantasmi dai
lati della strada e, incuranti di morire nuovamente, si sistemano alle spalle
del mio nuovo avversario, ogni volta sempre più numerosi. Non hanno in volto la
vendetta e nel sangue odio, hanno un viso sereno. Dicono che le anime di chi
hai ucciso, ti accompagnano per la vita aspettando la tua morte poiché, solo la mano che le ha freddate può
condurle all’inferno. Che io sia davvero colpevole di questa carovana di
dimenticati? Dalla vita ho capito che
non sempre una taglia coincide con l’autentico valore di un uomo. Dalla morte,
imparerò forse a perdonarmi.
Un ultimo pensiero va a te, padre, che mi hai
iniziato a quest’assurdo gioco.
Mi sembra di sentire ancora la tua voce. La clessidra del tempo ha riempito con la sua
sabbia decenni della mia vita, ma il ricordo di quel giorno non si è mai
sbiadito.
"Se il tuo avversario trova un motivo per
vivere, tu devi toglierlo, subito. E' in quel momento che devi sparare ".
Queste, furono le tue ultime parole. Le sussurrasti
mentre la tua vista si annebbiava e il tuo costato sanguinava dal proiettile
dello sceriffo di Tap Town, lo stesso morto per mano mia, con la vendetta sul
volto e l’odio nel cuore.
Vince chi non ha nulla da perdere e loro, gli uomini
che ho affrontato, sono arrivati al momento in cui si lasciavano dapprima
scaldare il petto da un buon motivo per vivere, sciogliendosi in fine con il
piombo caldo della mia sputafuoco.
Purtroppo non sono io a fare le regole, io ho
solamente accettato di giocare.
Sorrido e il rintocco di campana coprirà, forse per
l'ultima volta, il frastuono della mia pistola.
Bob
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